LA PACE COME CAMMINO DI SPERANZA


 

 

Ogni guerra si rivela un fratricidio che distrugge lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana.

 

L’attentato USA a Baghdad contro Qasem Soleimani, comandante della della Niru-ye Qods (in lingua persiana “Brigata Santa”, a volte chiamata anche Forza Quds dalla stampa occidentale, l’unità delle Guardie Rivoluzionarie komeiniste) è un grave atto che destabilizza tutto il medio Oriente.

È un crimine di guerra, compiuto da uno stato straniero, gli USA, sul territorio di altro stato, l’Irak, oramai privo della propria sovranità, teatro di guerre pilotate da potenze straniere da tre decadi, come se fosse cosa normale. Come accade in Siria e come accade in Libia.

 

Qasem Soleimani era a capo di tutte le milizie filo-iraniane presenti in Iraq, Siria, Libano, Gaza, ed oltre, dove ha avuto non poche responsabilità nei conflitti attualmente in atto. Ma la sua morte si configura quale una vera e propria esecuzione extragiudiziale, un crimine di guerra, negazione del diritto internazionale.

 

Trump, in difficoltà per la procedura di impeachment e per l’approssimarsi delle elezioni, ha creato una occasione di conflitto esterno per ricompattare il proprio consenso dando un assist agli ayatollah in difficoltà per le manifestazioni interne all’Iran e al barcollante governo iracheno contestato dalla “bella rivoluzione” che da mesi riempie le piazze. Questo attentato anticipa gli incontri diplomatici tra gli attori dell’area, come quello tra Erdogan e Putin, protagonisti del conflitto in Siria, in Rojava ed ora in Libia e nel Mediterraneo. Intanto le atomiche, sin ora schierate in Turchia, sembrano essere ricollocate nelle basi nato italiane e aggiunte alle 90 testate già presenti nel nostro paese.

 

Nel frattempo, con una guerra alle porte in Libia, con l’impiego di mercenari russi ed ora turchi, la politica italiana continua a guardarsi l’ombelico, dimostrando la propria pochezza ed inconcludenza.

 

In questo contesto di guerra una parola di speranza e di Pace ci viene da Papa Francesco.

 

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno[1], Papa Francesco dichiara: “La guerra, lo sappiamo, comincia spesso con l’insofferenza per la diversità dell’altro, che fomenta il desiderio di possesso e la volontà di dominio. Nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo e dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, ad escluderlo e cancellarlo. La guerra si nutre di perversione delle relazioni, di ambizioni egemoniche, di abusi di potere, di paura dell’altro e della differenza vista come ostacolo; e nello stesso tempo alimenta tutto questo”.

 

 

La paura è spesso fonte di conflitto.

 

Nel “Discorso sulle armi nucleari”, pronunciato a Nagasaki, presso il Parco “Atomic Bomb Hypocenter”, il 24 novembre 2019, Papa Francesco ha infatti detto che: “Il nostro mondo vive la dicotomia perversa di voler difendere e garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia, che finisce per avvelenare le relazioni tra i popoli e impedire ogni possibile dialogo. La pace e la stabilità internazionale sono incompatibili con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o su una minaccia di annientamento totale; sono possibili solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana di oggi e di domani”.

 

“Ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento sulla propria condizione. Sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, in un circolo vizioso che non potrà mai condurre a una relazione di pace.

 

Come, allora, costruire un cammino di pace e di riconoscimento reciproco? Come rompere la logica morbosa della minaccia e della paura? Come spezzare la dinamica di diffidenza attualmente prevalente?

 

Dobbiamo perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Il desiderio di pace è profondamente inscritto nel cuore dell’uomo e non dobbiamo rassegnarci a nulla che sia meno di questo”.

 

Il mondo non ha bisogno di parole vuote, ma di testimoni convinti, di artigiani della pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni. Infatti, non si può giungere veramente alla pace se non quando vi sia un convinto dialogo di uomini e donne che cercano la verità al di là delle ideologie e delle opinioni diverse.

 

“Si tratta di abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. L’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé. Solo scegliendo la via del rispetto si potrà rompere la spirale della vendetta e intraprendere il cammino della speranza”.

 

La cultura dell’incontro tra fratelli e sorelle rompe con la cultura della minaccia. Rende ogni incontro una possibilità e un dono dell’amore generoso di Dio. Ci guida ad oltrepassare i limiti dei nostri orizzonti ristretti, per puntare sempre a vivere la fraternità universale, come figli dell’unico Padre celeste.

 

Come dichiara l’appello di 23 comunità di fede USA:

  • “… Tutte le parti devono iniziare ri-umanizzare l’un l’altro senza scusare azioni ingiuste e violente.
  • L’amministrazione statunitense deve fermare gli attacchi violenti e le escalation militari.
  • Deve tornare a un processo diplomatico, riconoscendo che una pace duratura richiede un impegno per il benessere condiviso di ogni essere umano, dall’Iran agli Stati Uniti e ovunque nel mezzo.
  • Il Congresso degli Stati Uniti deve agire per riaffermare i suoi poteri di guerra rifiutando l’autorizzazione per la guerra con l’Iran e relativi attacchi e per bloccare i finanziamenti per la guerra con l’Iran.
  • Le azioni e la strategia degli Stati Uniti nella regione devono affrontare le cause profonde del conflitto, come sfiducia, trauma, risorse economiche e influenza politica.
  • Tutti noi dobbiamo sostenere azioni creative non violente di resistenza a qualsiasi azione ingiusta e violenta.
  • Come comunità di fede, rinunciamo all’escalation della violenza e chiediamo agli Stati Uniti di lavorare per una pace duratura con l’Iran”.

 

 

In considerazione dei rischi per la Pace Nel Mediterraneo, auspichiamo quindi:

 

  1. 1. Che la parola passi dalle armi al dialogo, che possano essere trovate al più presto soluzioni di pace a partire da un dialogo tra tutte le parti coinvolte nello scacchiere mediorientale;
  2. Che cessino le azioni militari da parte di USA e Russia e delle potenze regionali oggi coinvolte nei conflitti in atto nella regione;
  3. Che si desista dalle guerre per procura e dall’impiego di forze mercenarie, come in Siria e Libia;
  4. Che vengano ritirate le basi militari straniere oggi presenti nei diversi paesi dell’area;
  5. Che si trovi una soluzione multilaterale ai rischi di proliferazione nucleare nell’area;
  6. Che cessi la minaccia dell’uso della forza e della ritorsione militare, la minaccia alle città ed alla popolazione inerme, la minaccia di distruzione del patrimonio culturale dei popoli;
  7. Che venga assicurato a tutti i popoli e minoranze la tutela ed il rispetto dei diritti umani, oggi violati gravemente in tutti i paesi dell’area;
  8. Che cessi la minaccia nei confronti dei profughi dei conflitti e il loro strumentale uso come arma di ritorsione e minaccia ai paesi confinanti;
  9. Che le città e le realtà della società civile e ong possano costituirsi quale vera e propria rete di ambasciate di pace.

 

Chiediamo in oltre che:

  1. Siano forniti chiarimenti sull’impiego dei droni nella base di Sigonella e nelle basi italiane, in particolare in reazione all’eventuale coinvolgimento delle basi italiane in uccisioni illegali, alcune delle quali potrebbero equivalere a crimini di guerra o esecuzioni extragiudiziali;
  2. Sia avviato il ritiro dei contingenti militari da Iraq e Afghanistan;
  3. Vengano forniti chiarimenti sulla sicurezza del contingente italiano UNIFIL in Libano, sulla durata di tale missione e sulla sua conclusione;
  4. Siano congelati gli acquisti degli F-35, veicoli a capacità nucleare;
  5. sia ritirata l’attuale presenza militare italiana in Libia, sostituendola con una presenza ONU e con personale non militare.
  6. i fondi europei, piuttosto che alle milizie libiche o ad improbabili operazioni di rimpatrio di massa, andrebbero destinati a missioni di soccorso in mare. Vanno superati i veti incrociati al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed adottare in quella sede una risoluzione sula garanzia di zone sicure smilitarizzate in Libia, in modo da garantire anche la popolazione libica residente, e sui soccorsi umanitari in mare.

 

Sosteniamo in oltre la dichiarazione delle 23 comunità religiose USA[2] che “condannano la pericolosa aggressione degli Stati Uniti verso l’Iran, incluso l’assassinio del generale Qassem Soleimani e lo spiegamento di ulteriori truppe nella regione. Esortiamo l’Amministrazione a fare un passo indietro dall’orlo della guerra.

Le nostre comunità di fede vedono l’inutilità della guerra e il suo potere di disumanizzare. Sappiamo che la prosperità umana comporta la rottura dei cicli di violenza, l’essere coraggiosi operatori di pace e concentrarsi sulle cause profonde del conflitto. Il conflitto violento è un percorso di reciproca distruzione”.

 

Con la Rete della Pace affermiamo che “tocca a ognuno di noi, e tutti insieme, costruire proposte e politiche alternative alla produzione ed al commercio delle armi, alternative alle dittature ed alle teocrazie, alternative allo sfruttamento selvaggio del lavoro e delle risorse naturali.

 

Questa è la strada della Pace, che dobbiamo tracciare insieme agli altri movimenti che condividono questo percorso, unendo le lotte e le proteste dei diversi movimenti attivi nei paesi del Medio Oriente, esigendo un cambio radicale delle attuali politiche dei governi nazionali, dell’Unione Europea come della Lega Araba, rimettendo alle Nazioni Unite il ruolo di tutela e di rispetto delle regole internazionali e del rispetto dei diritti umani.

 

E’ ora di dire basta, occupando le piazze in modo pacifico e nonviolento, per ribadire tutti insieme il rifiuto alle guerre, alle ingiustizie ed alle diseguaglianze.

Per una coalizione internazionale a sostegno della pace e della giustizia in Medio Oriente”.

 

MIR Palermo, Pax Christi, Azione Cattolica – Arcidiocesi di Palermo, Apriti Cuore, AGESCI zona Conca d’Oro, ACLI Provinciali Palermo, ERRIPA, Movimento dei Focolari, Movimento Politico Per l’Unità, associazione Meediterraneo, Gruppo universitario Exodus, Centro Astalli, Centro Arrupe, Associazione Le Rose Bianche, Rivista Poliedro, delegato provinciale per l’ecumenismo e il dialogo dei Frati Minori di Sicilia, Centro Tau, ProViDe, Laici Comboniani.

[1] http://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/peace/documents/papa-francesco_20191208_messaggio-53giornatamondiale-pace2020.html

[2] American Friends Service Committee

Center on Conscience and War

Christian Peacemaker Teams

Church of the Brethren Office of Peacebuilding and Policy Churches for Middle East Peace

Coalition for Peace Action

Columban Center for Advocacy and Outreach Conference of Superiors of Men (Catholic)Congregation of Our Lady of Charity of the Good Shepherd, US Provinces Faith in Public Life

Franciscan Action Network

Friends Committee on National LegislationLeadership Conference of Women Religious

Maryknoll Office for Global Concerns

Mennonite Central Committee U.S.

National Advocacy Center of the Sisters of the Good Shepherd National Campaign for a Peace Tax Fund

Presbyterian Church (USA)

Provincial Council Clerics of St. Viator

Sisters of Mercy of the Americas- Institute Leadership Team Unitarian Universalist Association

United Church of Christ, Justice and Witness Ministries

The United Methodist Church – General Board of Church and Society