INTRODUZIONE AL CALENDARIO 2016 di Pietro Pastena


215869_1029325777190_1076_nEra il lontano 1890 quando un gruppo di intellettuali si riunì a Palermo a fondare la Società per la Pace e l’Arbitrato Internazionale, alla quale aderirono anche diversi importanti parlamentari e imprenditori, convinti con troppo ottimismo che l’evoluzione stessa della società avrebbe portato all’abolizione per sempre della guerra; ad animare il gruppo era Giuseppe D’Aguanno, docente di diritto internazionale presso l’Università.
Se si menziona questo antico precedente, è per rilevare come la Sicilia sia stata già da allora una terra fertile per l’associazionismo pacifista. Certo, in D’Aguanno e nei suoi, i riferimenti ideologici sono lontani dalla teoria e dalla pratica nonviolenta (tranne per l’insistenza, in entrambi i casi, sulla necessità di un’attiva opera nelle scuole di educazione alla risoluzione pacifica dei conflitti): pacifismo, nonviolenza e antimilitarismo non sono necessariamente sinonimi, e ognuno di questi termini può trovare articolazioni teoriche e pratiche anche assai diverse: com’è avvenuto, appunto, in Sicilia.
Quanto possano essere differenti i percorsi individuali, lo si vede da questo calendario, realizzato dal Mir Palermo, che riporta alcune, solo alcune, esperienze significative. A volerne tracciare un quadro generale, a partire dagli anni ’60 del Novecento, dovremmo prendere le mosse dalla ben nota vicenda di Danilo Dolci ma anche, in quegli anni, dal Comitato Antileva del Belìce con il suo obiettore di coscienza Vito Accardo: dove forse per prima volta in Sicilia il tema dell’obiezione al servizio militare è legata ad istanze di natura sociale, in un’isola dove il vastissimo fenomeno della resistenza alla leva era stato endemico per tutto l’Ottocento, ma manteneva caratteri istintivi e pre-politici che sfociarono a volte pure in aperte rivolte.
Negli anni ’70 proprio l’obiezione di coscienza è il terreno di un attivismo nonviolento, con la costituzione della Lega Obiettori di Coscienza (LOC) che nasce a Palermo dall’incontro dei radicali con i componenti della Comunità Z di Giuseppe Boscarino, che era un gruppo originariamente di ispirazione ecclesiale. Anche in questo caso le iniziative furono tante, alcune di risonanza nazionale come nel 1979 la mobilitazione in occasione del processo all’obiettore “totale” Sandro Gozzo; ma anche, veniva affermato che la nonviolenza non era solo opposizione al servizio militare bensì un modo “diverso” di affrontare i problemi sociali, come sperimentò il gruppo di obiettori in servizio civile presso l’Oratorio di Santa Chiara nel quartiere Ballarò di Palermo (al suo direttore, Rocco Rindone, è dedicato un mese di questo calendario).
Gli anni ’80 sono quelli dell’opposizione alla base missilistica di Comiso, e qui si vide che pacifismo e nonviolenza potevano avere mille anime: da Pio La Torre che legava insieme lotta ai missili e lotta alla mafia per l’emancipazione della Sicilia, a Sciascia che invece dei missili chiedeva acqua, “simbolo alternativo a ciò di cui è simbolo l’idolo nucleare”; dalle femministe del gruppo “La Ragnatela”, che coniugavano lotta politica e pratiche di vita alternativa, ai gruppi cattolici e ai monaci buddisti, tutti con le loro differenti spiritualità e visioni della vita.
Le ultime grandi uscite pubbliche di questo mondo variegato si sono avute in occasione della protesta contro la Guerra del Golfo, all’inizio degli anni ’90, nel 2003 con la grande mobilitazione contro la Guerra in Iraq, su iniziativa della Rete Lilliput che si riuniva periodicamente presso il centro Missionario Diocesano; ma in questi ultimi anni i nonviolenti non sono stati per nulla inerti in Sicilia, come testimoniano l’attivismo del MIR con Francesco Lo Cascio e l’impegno in chiave nonviolenta per i diritti dei detenuti della radicale Donatella Corleo, i movimenti contro il MUOS e le esercitazioni Trident Jincture NATO presso l’aeroporto di Birgi: pur partendo da modi diversi di intendere la nonviolenza, i percorsi sono confluiti spesso in una pratica politica comune, giacché si possono avere idee anche molto divergenti su molte cose, ma un punto d’incontro i nonviolenti alla fine lo trovano, altrimenti non sarebbero nonviolenti.